30 dic 2006

La storia del "Ma che t'importa"

La prof. Bellagamba è un mito per me e per alcune mie compagne. Finito il liceo volevamo iscriverci alla facoltà di geolologia (che in effetti non era l'indirizzo più naturale dopo la maturità classica) proprio per la passione che la prof ci aveva trasmesso per la materia. Io, Chiara e Veronica cominciammo a seguire le lezioni. Io e Chiara mollammo quasi subito, Veronica resistette fino alla prima sessione d'esame. Poi mollò anche lei.
Una sera di Dicembre, io Chiara e Veronica decidiamo di andare a trovare la Bellagamba. Ci presentiamo sotto casa sua alle sei. Tante belle chiacchiere. Tante risate.
In mezzo a noi anche il marito della prof. Cordiale e pungente come sempre.
Scatta l'invito a cena, così ci incappottiamo e andiamo al ristorante più vicino.
Il posto è semi-vuoto, normale per un giorno feriale in questa città.
Il cameriere sceglie per noi il tavolo vicino alla televisione..è ora del TG..magari ci fa piacere ascoltare le notizie. Bhè..non ci dispiace.
Intanto ordiniamo pizza e birra per tutti.
Le chiacchiere tra noi donne continuano ma il marito della prof. si è estraniato. Guarda la tv..fisso. Stanno trasmettendo un servizio pieno di bambibi africani con le pance gonfie..uno di quei servizi che ti fanno passare la fame (anche solo per un secondo, ma te la fanno passare), uno di quei servizi che bisognerebbe bruciare insieme al giornalista che si è prostituito per farlo.
Arrivano pizza e birra. Tutte noi cominciamo a mangiare ma il marito della prf. no. Lui si accorge dei nostri sguardi perplessi, intuisce le domande che vorremmo fare. Capisce che ci deve dire qualcosa. Una qualsiasi cosa.
" Quante volte nella vita vi siete sentite dire - Ma che t'importa!!-non c'è più neanche il punto interrogativo, direttamente l'esclamativo. In fondo non è più una domanda perchè si presume che non ci sia risposta. Bhè..a me importa di tante cose. Una di queste sono i bambini africani che muoiono di fame. E ora, scusatemi, non ce la faccio a mangiare. "
Dopo questa spiegazione i nostri sguardi non sono cambiati di molto ma le domande sono aumentate.
Una cosa è certa. Il servizio sui bambini africani a lui ha tolto l'appetito per più di un solo secondo.

24 dic 2006

Gli obiettori comunicano

STASERA 24 DICEMBRE 2006
ORE 20.00
PRESSO LA BIBLIOTECA COMUNALE
RICCA CENA SOCIALE
+
VEGLIA
(laica o religiosa a scelta-in ambienti separati)
+
CORSO DI SCACCHI/DAMA/TRESETTE/POKER
(per chi salta la Santa Messa)
+
DJ "IL CINESE"..MIX IN CASSETTA
Ingresso gratuito
(offre tutto Tonino che ha vinto 5.000 euro alla tombolata con i colleghi e dice che non sa proprio come spenderli)

23 dic 2006

L'intervista alla direttrice

V:Signora direttrice, come vive il fatto che la biblioteca da lei gestita sia diventata un punto di ritrovo per molti cittadini?
D: Bhé...ad essere sincera credo che qui si stia creando un vero e proprio movimento che esula dal mio controllo. Gli obiettori sono ragazzi giovani, quasi tutti studenti universitari. Si trovano qui la mattina alle otto e tra un cappuccino ed un cornetto danno vita a dibattiti molto vivaci, a volte anche troppo.
Poi ci sono gli utenti affezionati che vengono ogni giorno e che si uniscono alle discussioni.
C'é quel Tonino..incredibile! Sembra sempre assorto nella sua scacchiera, ma quando meno te lo aspetti irrompe con le sue teorie ultra comuniste. Io, devo dire la verità, ero un democristiana convinta. A volte mi da fastidio che si esageri. Ma, in fondo, questa vivacità intellettuale mi piace..e mi commuove.
V:Quali sono i temi più dibattuti?
D: Al prima posto, semza dubbio, si parla di politica locale, della vita della città. Poi, in genere, di politica nazionale e internazionale. Vi inviterei ad ascoltarli questi giovani...tirano fuori delle teorie e delle idee sorprendenti.
V: Ho saputo che un assessore comunale ha minacciato di cacciare gli obiettori dalla biblioteca proprio a causa di queste teorie sorprendenti. Lei che ne pensa?
D: Penso che sia un buon segno.
V: Lei è d'accordo?
V: Certo che no. Ma non si preoccupi. Vedrà che gli obiettori non li caccia nessuno.

13 dic 2006

La storia degli scacchi

Tonino è un ragazzo di quarant'anni che vive in una piccola cittadina nel centro-sud d'Italia. Considerato da tutti come uno "che non ci sta tanto con la testa", Tonino vive la sua vita tranquillamente. Ha avuto la fortuna che un parente, mosso a compassione, lo abbia messo a fare uno di quei lavoretti socialmente utili che ti occupano solo mezza giornata e non lasciano pensieri. All'una finisce di lavorare e all'una e cinque fa il suo ingresso, scontanto quanto atteso, nella bblioteca comunale. Tira fuori la sua scacchiera, si siede ad un tavolo, prende il libro e comincia studiare le partite dei grandi giocatori e poi le ripete, tutte, mossa per mossa.
Il popolo che abita la biblioteca (direttrice, donne delle pulizie, obiettori...) è come una grande famiglia in cui Tonino é il benvenuto.
Alle due la biblioteca chiude. Tonino sistema i pezzi e il libro e se ne torna a casa sulla sua bicicletta rossa.
Questa é la sua vita. Ogni giorno. Tutto l'anno. Tutti gli anni.
E lui non chiede di meglio.

Tonino. Un giorno ti sveglierai e la tua città sarà piena di gente in bicicletta, che gioca a scacchi e che guadagna poco. Allora tu sarai il meno matto e il più felice di tutti.

6 dic 2006

La mia disgrazia

La mia disgrazia, quella della sera dell'incidente scampato, non è effettivamente molto rilevante.
La vera disgrazia, quella di cui vorrei parlare, é quella di essere nata in una società capitalista. E non perchè io abbia qualcosa da ridere contro il sistema, si faccia attenzione a questo punto, ma perchè sono finita in quella valle di mediocrità che é la classe media. Ma io dico! E per di più in un paese che si chiama Italia!! Che disgrazia signori miei!!
E come se non bastasse sono figlia di papà...ma di papà che in quanto a santità fa sfigurare anche me. Non mi ha comprato l'appartamentino in centro e neanche mi troverà lavoro grazie alle sue conoscenze.
Vi rendete conto? Cresciuta con l'idea che la laurea mi aprisse tutte le porte e con la convinzione di essere brava, buona e intelligente (per cui sarà proprio fortunato colui che mi darà lavoro), mi ritrovo in questa classe media senza neanche la forza di sgomitare..ma soprattutto senza essere la vera figlia di papà che dovrei essere!!
Cercate di capirmi! La mia è davvero una situazione imbarazzante!
A schierarmi con chi sta peggio sarei un'ipocrita, con chi sta meglio sarei un'arrampicatrice sociale-senza scrupoli.
E' proprio questa tanto decantata classe media che mi ha rovinato. E' per questo che odio il capitalismo!
Non lo odio per quelle ragioni evidenti sulle quali siamo tutti d'accordo e presa coscienza delle quali non si può che rifiutare tale sistema.
Che disgrazia la mia!
Signori, vi prego di suggerirmi una soluzione!

4 dic 2006

Il particolare di Vanni

Grazie Vanni per aver dato il LA.
Speriamo che altri ti seguano.

Il particolare di Vanni

Vivevamo nell’operosa via Mavili,
regno di botteghe, lavanderie, panettieri e fruttivendoli che servivano clienti in mercedes.
E motorini, cassonetti, tortore e gattacci.
Studiavamo seduti in una stanza alla luce alogena di lampade IKEA, seduti su sedie fatiscenti,
coi gomiti appoggiati su tavolini o meglio su budini tremolanti.
Alla parete quadri floreali che mi ricordano la mia bisnonna e cassette del latte tuttofare un po qui e un po la.
Luci da ospedale e giacigli cigolanti da oliare, batuffoli di polvere degni del far west, candido bianco sporco sopra al tetto e tenue grigio topo tutto intorno.
Nessun riflesso, se non quello dello specchietto che Ninay ha appeso alla parete, in cui, se ne hai voglia, puoi controllare quanto è dilatata la pupilla del tuo occhio.
Questo era quello che chiamavamo “casa”.
Un parallelepipedo circondato da voci che non ti va di sapere da quale orifizio vengano e pianti rumori di cinghiate e bambini e ragazze carine, il tutto condito da odore di olio fritto.
Premi il pulsante 2 nell’ascensore, il portone lo trovi quasi sempre aperto.
Eppure tutto questo ha tutt’ora un fascino:quello del cambiamento,dell’ ignoto, del lasciare tutto ciò che hai di più caro per andare lontano e fare pace con te stesso.
Farlo senza dimenticarsi di chiamarla ogni tanto e di buttare giù due righe sul tuo diario di bordo.
Farlo cambiando pelle, senza dimenticarsi chi siamo, da dove veniamo, a quale razza di camaleonte apparteniamo.
Dalle 2 alle 5 del pomeriggio si deve far silenzio: è il momento di lasciare andare le considerazioni, le paure, le malinconie.
Ti fa bene.
Respira a fondo.
Non lo senti questo grande indescrivibile senso di libertà?
Carpe Diem.

30 nov 2006

La storia della bici

Sono ubriaca di rabbia, gelosia...non lo so neanche io.
Cammino sola per il lungo mare di cemento pensando che sono una stupida, povera illusa scema ridicola. Parlo da sola..mi insulto. Guardo in basso e le lacrime mi offuscano la vista. Stringo i pugni e guardo in alto e le lacrime mi scivolano addosso fin dentro il maglione.
"Ehi..oh!! Ma dove vai da sola?"
"Danié per favore, lasciamo perdere!"
"Dai, vieni, sali sulla bici che ce ne andiamo alla festa al Vasilisis Olga!"
"No..non sto proprio dell'umore per una festa..non mi vedi?"
" E dai! Andiamo lì, ti prendi una bottiglia di ouzo e passa la paura"
...

"Vabbé..andiamo"
Salgo sulla bici di Daniele, è bassissima. E mo le gambe dove le metto. E poi qui è così duro e scomodo. E che faccio? Ti abbraccio così non cado...
"Ehi, non voglio sapere quello che ti é successo..però..."
"Però niente! Te lo dico quello che mi é successo! Anzi. Lo devono sapere tutti..."
E comincio a raccontare a Daniele la mia disgrazia, gesticolando il più possibile senza perdere l'equilibrio, mentre lui pedala tranquillo.
Il mio racconto dura poco. In fondo il fatto in sé è ben poca cosa.
Poi cominciano le considerazioni, gli insulti, gli sproloqui..
Daniele pedala e mi ascolta.
"Ehi, siamo arrivati. Attraversiamo la strada e lasciamo la bici lì all'angolo."
Lo studentato é proprio lì, davanti a noi.
"Va bene Danié..però io ancora non avrei finito.."
Daniele poggia il piede sul pedale per ripartire, per attraversare la strada a due corsie ma si blocca.
"Senti. Attraversiamo, posiamo la bici e andiamo a bere. Poi ne parliamo con calma. Vedrai che fra un'ora già ti sembrerà tutto meno grave. In fondo..."
Daniele si blocca di nuovo.
Una lunghissima frenata ci fa contrarre i muscoli nell'attesa del botto. Il tempo di girare lo sguardo e una macchina si schianta contro un'altra macchina che é parcheggiata lungo la strada, proprio di fronte a noi.
Io e Daniele restiamo immobili il tempo di capire che se non ci fossimo fermati a parlare ci saremmo noi tra quelle due macchine. Poi corriamo a vedere.

29 nov 2006

Sulla vetrina

L'Agenzia di Viaggi
"Da noi i sogni costano poco"
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Realizza il tuo sogno!

28 nov 2006

La lettera di Nicoletta

Amore mio,
non so neanche io chi mi dia il coraggio per scriverti dopo tutto quello che è successo.
Forse la consapevolezza di aver sbagliato e il desiderio di chiederti scusa.
Non avevo capito niente. Solo oggi lo vedo.
Quando ti ho mandato via da qui credevo di proteggere me stessa e i miei figli.
Credevo che per colpa tua non avremmo mai avuto la tranquillità di cui una famiglia ha bisogno.
Mi faceva paura il tuo modo di affrontare la vita.
"Devi rispettare chi sta sopra di te!" ti dicevo.
E tu mi rispondevi sempre "Sopra di me c'è solo Dio".
Ti ricordi quella volta che avevano licenziato venti persone?
Mi dicesti "I miei compagni vendono il loro tempo e le loro anime. Dovresti vederli quando passa la macchina del padrone. Non pensano che lì c'è anche il loro sudore...ma che devono averla anche loro quella macchina. Ma non l'avranno mai perchè non sono padroni..neanche di loro stessi."
Quante volte ti ho considerato folle per queste parole!
Nel tuo coraggio vedevo solo la mia fine.
Così ho deciso che era meglio vivere senza di te.
Ho cercato un altro compagno e l'ho trovato. Un brav'uomo con un gran senso del dovere che ogni mese portava lo stipendio a casa, un funzionario della S.P. Bank.
Un giorno però, tornando a casa, ho incontrato Agnese, te la ricordi?
Stava in strada con il suo bambino, piangeva, urlava, era fuori di sé.
Quando mi ha vista si è calmata, mi è corsa incontro con le braccia spalancate, si è gettata ai miei piedi e mi ha stretto forte le gambe.
"Aiutami, ti prego. Ridammi la mia casa!"
Allora ho capito che la S.P.Bank le aveva tolto la casa.
Ho pensato a te.
Ho pensato che quella donna avrebbe dovuto uccidermi e non implorarmi.
Mi sono venuti in mente i tuoi colleghi. Ho capito tutto in un momento.
Voglio che tu sappia tutto questo. Finalmente ho capito...ti ho capito.
Ti chiedo perdono per tutte le incomprensioni.
Spero che nella tua terra, antica e saggia, tu sia riuscito a trovare quello che cercavi.
Con Amore
Nicoletta
P.S.
In un vecchio scatolone ho trovato una foto di Menorca, della comune, del giorno in cui ci siamo conosciuti. Te la mando insieme alla foto dei tuoi figli. Che possa essere di buon auspicio.

27 nov 2006

...continua..la storia del coltello

Alle dieci in punto sono alla stazione.
Sergio è lì che mi aspetta.
Mi chiede se ho fatto colazione. Sì, l'ho fatta. Lui non ha ancora mangiato niente. Tieni, tre milioni bastano e avanzano.
Mi chiede cosa mi piacerebbe visitare.
Gli spiego che questo è il mio ultimo giorno ad Istanbul e che ancora non ho fatto la gita sul Bosforo.
A Sergio sembra una buona idea.
Mi accompagna al porto. Prima mi indica i battelli per i turisti e mi spiega che sono delle fregature, costano tanto e fanno solo metà del tragitto.
Devo prendere l'altro, quello che prendono anche i turchi, mi porterà fino al Mar Nero, potrò scendere, restare lì un paio d'ore, mangiare qualcosa guardando il mare e poi tornare indietro.
Perfetto!!
Sergio mi chiede se ho comprato qualcosa da mangiare.
Sì, certo, ho pane, pomodori e formaggio. Farò dei panini.
Ma Sergio mi fa notare che senza coltello non potrò fare proprio niente. Mi presta volentieri il suo ma non devo assolutamente perderlo. E' l'unico che ha. Glielo restituirò al mio ritorno. Lui non viene, non ha i soldi per il biglietto e non vuole che io paghi per lui. Gli sembra troppo.
Va bene Sergio, ci vediamo alle quattro. E proseguiremo la visita della città..precisa lui.

Alle quattro sono al porto. Sergio non c'è. Lo aspetto.
Sono le cinque e Sergio non è ancora arrivato.
Spero che abbia trovato qualcosa di meglio da fare.
Magari qualche ricco turista tedesco.
Spero che gli diano almeno i soldi per ricomprarsi il coltello.

24 nov 2006

La storia del coltello

Dopo tre giorni in giro per Istanbul non ne posso più di mangiare kebab!!
I miei amici mi hanno detto di stare attenta a tutto quello che ingerisco e soprattutto a quello che bevo. Acqua rigorosamente in bottiglia.
Vanni e Nini sono stati male una settimana dopo aver bevuto da un'apparentemente innocua fontanella; Gianni, Giampiero e Alessandro hanno attribuito il loro disturbo ad una strana patata gigante; Massimo e Raffaele sostengono che sia stato il panino col pesce del ponte del Galata....
Vedo un uomo poco lontano che sta guardando una vetrina. Magari può suggerirmi un posto dove mangiare senza correre rischi.
"Hi...do you speak english?"
L'uomo si gira, evidentemente assorto nei suoi pensieri. Gli serve qualche secondo per capire cosa succede.
Parla inglese perfettamente e sembra quasi contento della mia intrusione.
Mi dice che conosce un posto lì vicino dove si mangia bene e si spende poco, in realtà é riservato agli uomini ma lui ci va spesso e conosce i proprietari...non ci faranno storie. Non mi dispiace che lui si unisca a me, vero? Certo che no.
In effetti il locale è pieno di uomini.
Il proprietario ci guida al piano superiore..vuoto...nessuno che possa infastidirsi per la presenza di una donna.
L'uomo mi domanda se può permettersi di ordinare per me. Ma certo. Per lui solo del vino.
Musica turca di sottofondo...
L'uomo con cui sono seduta a tavola si chiama Sergio, ha 48 anni, è turco. Ha lasciato la Turchia a 16 anni e prima di arrivare in Germania, dove vivono ancora sua moglie e i suoi due figli che non vogliono saperne più niente di lui, ha girato tutta l'Europa.
Il posto che ricorda con più affetto è un'isola delle Baleari, Menorca, dove ha vissuto in una comune per due anni. Lui ci credeva in certi ideali...ci credeva anche la gente che viveva con lui.
C'erano giovani di tutto il mondo. Alcuni si fermavano solo pochi giorni, altri qualche mese. E' stato il periodo più bello della sua vita. Era felice. La gestione della comune non era facile, ma si trovava sempre il modo per risolvere i problemi.
Poi un giorno conobbe una bellissima ragazza tedesca che lo portò in Germania con lei e diventò sua moglie.
Arriva la mia cena a sorpresa: un piatto pieno di pesce e verdure..ci voleva.
Sergio chiede dell'altro vino.
Parlare di Menorca gli piace ma lo rende malinconico.
Cambia la musica..questa la conosco anche io. E' Bob Dylan..e Sergio scoppia a piangere.
Mi chiede scusa. Si asciuga le lacrime con la mano e mi dice che quella è la "sua" musica, quella di Menorca.
Mi dice che si vergogna, che adesso vive in un palazzo fatiscente nella parte asiatica della città. Alla sua età non riesce a trovare lavoro e non sa come pagare l'affitto della stanza.
Per lui la vita è un'umiliazione continua...mi chiede se posso dargli dei soldi.
Ecco,penso: quest'uomo non voleva essere gentile con me, mi voleva solo fregare dei soldi, magari si era anche messo d'accordo col proprietario del ristorante per far partire Dylan ad un certo punto della serata...sono una stupida.
Gli chiedo quanto paga d'affitto. Venti milioni di lire turche a settimana.
Non vuole elemosina, mi spiega. Lui conosce Istanbul meglio di chiunque altro, è la sua città e mi farebbe volentieri da guida.
Gli do venti milioni e gli dico che per me va bene.
Ci diamo appuntamento per domani mattina alle dieci davanti alla stazione.
Non verrà mai...

...continua...

22 nov 2006

La finestra del Vampiro

Cara mia, questa è la mia finestra sulla realtà.
Mi muovo tra il bancone e i tavoli lentamente, ma se mi guardi bene ti accorgi che sto qui, fermo, senza spostarmi mai.
In questo angolo di strada il mondo mi passa davanti agli occhi ogni giorno, in tutte le sue svariate forme.
Avvicinarsi ad un tavolo è sempre un'intrusione. Consapevole o meno, rubo sguardi, parole, frasi lasciate a metà. Qualcuno si sente violato nella sua intimità, qualcuno non si accorge neanche della mia presenza e continua indisturbato la conversazione.
Non so dire quanta gente ho visto e conosciuto stando fermo qui...ma mi sono fatto l'idea di poter classificare l'umanità in tre categorie.
Nella prima categoria ci sono quelli che hanno fatto il cameriere almeno una volta nella vita.
Nella seconda ci sono quelli che non hanno mai fatto il cameriere e la cosa gli è abbastanza indifferente.
Nella terza ci sono quelli che non hanno mai fatto il cameriere e non lo farebbero mai.
No, non posso spiegarmi meglio...ho paura che mi succeda come con i miei sogni.

Lavoro in questa taverna da 20 anni, ma non sono stato sempre così.
Prima ero uno scrittore di racconti per bambini. Avevo anche un discreto successo.
Non ho mai avuto molta fantasia, così usavo i miei sogni per scrivere.
Poi un giorno sono stato colto da una forma rarissima di insonnia cronica. Ho smesso di dormire, di sognare e di scrivere racconti.
Ho paura che se comincio a usare le storie dei miei clienti spariscano anche loro.
E se spariscono loro devo chiudere la mia finestra...e io sto tanto bene qui.

21 nov 2006

Sulla porta del Luky Luk

Sabato 15 Dicembre ore 17.30
La compagnia teatrale
" Vuoti a rendere "
presenta lo spettacolo
" I sette vizi del capitale "
Aula 2-Facoltà di Teologia-Università Aristotele
Ingresso gratuito

19 nov 2006

Il racconto di Giuda

Sono cresciuto in un posto come questo.
Una piazza così, lunga e stretta.
C'era pure un cane come quello, lo vedi? Quello ciccione che non ce la fa neanche a camminare.
E' per questo che ho deciso di fermarmi un po' qui.
Lontano da casa...sono Irlandese, sai?
Ci stavo bene in Irlanda mi sembra.
Poi un giorno sono partito..perchè l'Irlanda mi faceva schifo.
Vedi? Adesso che mi ricordo...l'Irlanda mi faceva schifo.
E' più duro sopportare lo schifo della tua terra che quello di un'altra...il problema sta tutto lì.
Perché io ho girato tanto, sai? Tutto il mondo.
E lo schifo c'è in ogni posto.
Ma almeno non mi faceva male come quello di casa mia.
Qui si sta bene perchè la polizia non rompe tanto e poi c'è la mensa dell'università che è gratis.
Vedi? Io vivo con niente, non ho niente.
Mi sento fortunato..a me non mi ricatteranno mai! Nessuno!
Non mi ammazzerò mai di lavoro e a voi vi rode il culo!
E' per quello che mi guardate così.
Siete solo invidiosi.
E' come tra colleghi di lavoro quando c'è uno che sgobba e l'altro che gioca a carte.
La stessa rabbia.
"Perchè uno le cose se le deve guadagnare"..hahahaha..mi fate pena...fate schifo.

Io scrivo canzoni, è l'unica cosa che mi piace fare.
La vuoi sentire una canzone? L'ho scritta tre giorni fa.

17 nov 2006

La storia del crisantemo

Un'altra notte di pioggia a Salonicco.
Sono le due e quaranta ma mi sembra di essermi appena svegliata.
Bioritmo totalmente invertito.
Ho fame e decido di uscire. Kokoras é sempre aperto. L'uomo vampiro. Lo chiamiamo così, io e i miei amici, perchè non abbiamo mai visto nessun altro lavorare lì dentro.
Prendo una pita-giros e vado a sedermi su una panchina al centro di piazza Navarinou.
Ha smesso di piovere.
Una risata mi distrae. Difronte a me c'è un uomo che mi fissa..e ride.
E' vecchio, sporco, ha la barba grigia, una chitarra appoggiata ad una gamba, una bottiglia di ouzo in mano.
Sta ridendo di me. Non capisco. Non l'ho mai visto prima.
L'uomo si avvicina lentamente, sempre guardandomi fissa negli occhi. Mi dice che si chiama "Giuda" e continuando a ridere tira fuori dalla tasca della giacca lurida un crisantemo..bianco.
" E' per te".
Per me? Ma che vuole sto pazzo? Andiamo bene! Un crisantemo, bianco.. penso.
Accetto il fiore e me lo infilo in borsa. In fondo la faccia di quest'uomo mi piace.
Giuda inizia a raccontarmi strane storie sulla sua vita ma improvvisamente smette di parlare e se ne va. Non so che cosa l'abbia disturbato. Non ho detto neanche una parola. Mi dispiace che se ne sia andato così, la sua compagnia mi piaceva.

Mi alzo e mi incammino verso il "Luky Luk". Non ho voglia di stare da sola e sono sicura che lì troverò tutti gli altri. E infatti sono tutti lì.
Ordino una birra e cerco di scambiare qualche parola con André. Non è facile dato il volume della musica. Gli racconto la storia di Giuda.
La cameriera arriva con due birre, una per me ed una per André e dice che ce le offre quel signore lì all'angolo.
Lì all'angolo c'è un uomo completamente ubriaco, non si regge in piedi ma riesce a reggere tra le mani un cappello pieno di monete da 1 e 2 euro.
Io e André ci guardiamo per dieci secondi. Sappiamo che sta per succedere qualcosa di strano.
L'ubriaco ci guarda, aspetta un cenno, un saluto, qualsiasi cosa. Alziamo le birre e gli urliamo "Salute".
Arrivano altre due birre, poi ancora due...ancora due. E' sempre l'uomo all'angolo che le offre, dice la cameriera.
Va bene, è arrivato il momento. André si avvicina all'ubriaco e lo trascina al nostro tavolo.
"Scusa, perchè ci stai offrendo da bere? ". L'unica domanda possibile.
L'uomo sta zitto, non dice niente per un paio di minuti.
Poi inizia a parlare, lentamente, con calma...non deve essere facile trovare le parole in quelle condizioni, penso.
" Tutto l'amore che ho dentro...non posso darlo più a nessuno...allora voglio darlo a voi...che siete giovani..lo meritate...lo meritate..".
Silenzio.
" Non ho più niente da dare..non posso più dare niente a nessuno..mio figlio è morto ieri...7 anni...no..più niente a nessuno..".
Silenzio. Io e André ci guardiamo e ci capiamo. Tutta la comicità di quella scena tragica ci fa sorridere. E ci sentiamo in colpa ma non possiamo farci niente.
Il crisantemo! Certo!
Di solito le borse le mettiamo tutte insieme su un divanetto, ma io quella sera ho tenuto la mia appesa alla sedia di André perchè non volevo che il crisantemo di Giuda si rovinasse.
Prendo il fiore e lo do all'ubriaco. Lui lo prende, lo guarda e mi sorride.
Non può capire. Per lui che è greco, il crisantemo è un fiore come un altro.
La musica finisce. E' tardissimo. Ci troviamo tutti in strada e pioviccica. L'ubriaco è sparito.
Gianni esce correndo dal locale.
"E' entrato un ladro stanotte, dice,ha rubato tutto...tutto dal mucchio delle nostre borse..tutto..cellulari, soldi..tutto.. "