30 nov 2006

La storia della bici

Sono ubriaca di rabbia, gelosia...non lo so neanche io.
Cammino sola per il lungo mare di cemento pensando che sono una stupida, povera illusa scema ridicola. Parlo da sola..mi insulto. Guardo in basso e le lacrime mi offuscano la vista. Stringo i pugni e guardo in alto e le lacrime mi scivolano addosso fin dentro il maglione.
"Ehi..oh!! Ma dove vai da sola?"
"Danié per favore, lasciamo perdere!"
"Dai, vieni, sali sulla bici che ce ne andiamo alla festa al Vasilisis Olga!"
"No..non sto proprio dell'umore per una festa..non mi vedi?"
" E dai! Andiamo lì, ti prendi una bottiglia di ouzo e passa la paura"
...

"Vabbé..andiamo"
Salgo sulla bici di Daniele, è bassissima. E mo le gambe dove le metto. E poi qui è così duro e scomodo. E che faccio? Ti abbraccio così non cado...
"Ehi, non voglio sapere quello che ti é successo..però..."
"Però niente! Te lo dico quello che mi é successo! Anzi. Lo devono sapere tutti..."
E comincio a raccontare a Daniele la mia disgrazia, gesticolando il più possibile senza perdere l'equilibrio, mentre lui pedala tranquillo.
Il mio racconto dura poco. In fondo il fatto in sé è ben poca cosa.
Poi cominciano le considerazioni, gli insulti, gli sproloqui..
Daniele pedala e mi ascolta.
"Ehi, siamo arrivati. Attraversiamo la strada e lasciamo la bici lì all'angolo."
Lo studentato é proprio lì, davanti a noi.
"Va bene Danié..però io ancora non avrei finito.."
Daniele poggia il piede sul pedale per ripartire, per attraversare la strada a due corsie ma si blocca.
"Senti. Attraversiamo, posiamo la bici e andiamo a bere. Poi ne parliamo con calma. Vedrai che fra un'ora già ti sembrerà tutto meno grave. In fondo..."
Daniele si blocca di nuovo.
Una lunghissima frenata ci fa contrarre i muscoli nell'attesa del botto. Il tempo di girare lo sguardo e una macchina si schianta contro un'altra macchina che é parcheggiata lungo la strada, proprio di fronte a noi.
Io e Daniele restiamo immobili il tempo di capire che se non ci fossimo fermati a parlare ci saremmo noi tra quelle due macchine. Poi corriamo a vedere.

29 nov 2006

Sulla vetrina

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28 nov 2006

La lettera di Nicoletta

Amore mio,
non so neanche io chi mi dia il coraggio per scriverti dopo tutto quello che è successo.
Forse la consapevolezza di aver sbagliato e il desiderio di chiederti scusa.
Non avevo capito niente. Solo oggi lo vedo.
Quando ti ho mandato via da qui credevo di proteggere me stessa e i miei figli.
Credevo che per colpa tua non avremmo mai avuto la tranquillità di cui una famiglia ha bisogno.
Mi faceva paura il tuo modo di affrontare la vita.
"Devi rispettare chi sta sopra di te!" ti dicevo.
E tu mi rispondevi sempre "Sopra di me c'è solo Dio".
Ti ricordi quella volta che avevano licenziato venti persone?
Mi dicesti "I miei compagni vendono il loro tempo e le loro anime. Dovresti vederli quando passa la macchina del padrone. Non pensano che lì c'è anche il loro sudore...ma che devono averla anche loro quella macchina. Ma non l'avranno mai perchè non sono padroni..neanche di loro stessi."
Quante volte ti ho considerato folle per queste parole!
Nel tuo coraggio vedevo solo la mia fine.
Così ho deciso che era meglio vivere senza di te.
Ho cercato un altro compagno e l'ho trovato. Un brav'uomo con un gran senso del dovere che ogni mese portava lo stipendio a casa, un funzionario della S.P. Bank.
Un giorno però, tornando a casa, ho incontrato Agnese, te la ricordi?
Stava in strada con il suo bambino, piangeva, urlava, era fuori di sé.
Quando mi ha vista si è calmata, mi è corsa incontro con le braccia spalancate, si è gettata ai miei piedi e mi ha stretto forte le gambe.
"Aiutami, ti prego. Ridammi la mia casa!"
Allora ho capito che la S.P.Bank le aveva tolto la casa.
Ho pensato a te.
Ho pensato che quella donna avrebbe dovuto uccidermi e non implorarmi.
Mi sono venuti in mente i tuoi colleghi. Ho capito tutto in un momento.
Voglio che tu sappia tutto questo. Finalmente ho capito...ti ho capito.
Ti chiedo perdono per tutte le incomprensioni.
Spero che nella tua terra, antica e saggia, tu sia riuscito a trovare quello che cercavi.
Con Amore
Nicoletta
P.S.
In un vecchio scatolone ho trovato una foto di Menorca, della comune, del giorno in cui ci siamo conosciuti. Te la mando insieme alla foto dei tuoi figli. Che possa essere di buon auspicio.

27 nov 2006

...continua..la storia del coltello

Alle dieci in punto sono alla stazione.
Sergio è lì che mi aspetta.
Mi chiede se ho fatto colazione. Sì, l'ho fatta. Lui non ha ancora mangiato niente. Tieni, tre milioni bastano e avanzano.
Mi chiede cosa mi piacerebbe visitare.
Gli spiego che questo è il mio ultimo giorno ad Istanbul e che ancora non ho fatto la gita sul Bosforo.
A Sergio sembra una buona idea.
Mi accompagna al porto. Prima mi indica i battelli per i turisti e mi spiega che sono delle fregature, costano tanto e fanno solo metà del tragitto.
Devo prendere l'altro, quello che prendono anche i turchi, mi porterà fino al Mar Nero, potrò scendere, restare lì un paio d'ore, mangiare qualcosa guardando il mare e poi tornare indietro.
Perfetto!!
Sergio mi chiede se ho comprato qualcosa da mangiare.
Sì, certo, ho pane, pomodori e formaggio. Farò dei panini.
Ma Sergio mi fa notare che senza coltello non potrò fare proprio niente. Mi presta volentieri il suo ma non devo assolutamente perderlo. E' l'unico che ha. Glielo restituirò al mio ritorno. Lui non viene, non ha i soldi per il biglietto e non vuole che io paghi per lui. Gli sembra troppo.
Va bene Sergio, ci vediamo alle quattro. E proseguiremo la visita della città..precisa lui.

Alle quattro sono al porto. Sergio non c'è. Lo aspetto.
Sono le cinque e Sergio non è ancora arrivato.
Spero che abbia trovato qualcosa di meglio da fare.
Magari qualche ricco turista tedesco.
Spero che gli diano almeno i soldi per ricomprarsi il coltello.

24 nov 2006

La storia del coltello

Dopo tre giorni in giro per Istanbul non ne posso più di mangiare kebab!!
I miei amici mi hanno detto di stare attenta a tutto quello che ingerisco e soprattutto a quello che bevo. Acqua rigorosamente in bottiglia.
Vanni e Nini sono stati male una settimana dopo aver bevuto da un'apparentemente innocua fontanella; Gianni, Giampiero e Alessandro hanno attribuito il loro disturbo ad una strana patata gigante; Massimo e Raffaele sostengono che sia stato il panino col pesce del ponte del Galata....
Vedo un uomo poco lontano che sta guardando una vetrina. Magari può suggerirmi un posto dove mangiare senza correre rischi.
"Hi...do you speak english?"
L'uomo si gira, evidentemente assorto nei suoi pensieri. Gli serve qualche secondo per capire cosa succede.
Parla inglese perfettamente e sembra quasi contento della mia intrusione.
Mi dice che conosce un posto lì vicino dove si mangia bene e si spende poco, in realtà é riservato agli uomini ma lui ci va spesso e conosce i proprietari...non ci faranno storie. Non mi dispiace che lui si unisca a me, vero? Certo che no.
In effetti il locale è pieno di uomini.
Il proprietario ci guida al piano superiore..vuoto...nessuno che possa infastidirsi per la presenza di una donna.
L'uomo mi domanda se può permettersi di ordinare per me. Ma certo. Per lui solo del vino.
Musica turca di sottofondo...
L'uomo con cui sono seduta a tavola si chiama Sergio, ha 48 anni, è turco. Ha lasciato la Turchia a 16 anni e prima di arrivare in Germania, dove vivono ancora sua moglie e i suoi due figli che non vogliono saperne più niente di lui, ha girato tutta l'Europa.
Il posto che ricorda con più affetto è un'isola delle Baleari, Menorca, dove ha vissuto in una comune per due anni. Lui ci credeva in certi ideali...ci credeva anche la gente che viveva con lui.
C'erano giovani di tutto il mondo. Alcuni si fermavano solo pochi giorni, altri qualche mese. E' stato il periodo più bello della sua vita. Era felice. La gestione della comune non era facile, ma si trovava sempre il modo per risolvere i problemi.
Poi un giorno conobbe una bellissima ragazza tedesca che lo portò in Germania con lei e diventò sua moglie.
Arriva la mia cena a sorpresa: un piatto pieno di pesce e verdure..ci voleva.
Sergio chiede dell'altro vino.
Parlare di Menorca gli piace ma lo rende malinconico.
Cambia la musica..questa la conosco anche io. E' Bob Dylan..e Sergio scoppia a piangere.
Mi chiede scusa. Si asciuga le lacrime con la mano e mi dice che quella è la "sua" musica, quella di Menorca.
Mi dice che si vergogna, che adesso vive in un palazzo fatiscente nella parte asiatica della città. Alla sua età non riesce a trovare lavoro e non sa come pagare l'affitto della stanza.
Per lui la vita è un'umiliazione continua...mi chiede se posso dargli dei soldi.
Ecco,penso: quest'uomo non voleva essere gentile con me, mi voleva solo fregare dei soldi, magari si era anche messo d'accordo col proprietario del ristorante per far partire Dylan ad un certo punto della serata...sono una stupida.
Gli chiedo quanto paga d'affitto. Venti milioni di lire turche a settimana.
Non vuole elemosina, mi spiega. Lui conosce Istanbul meglio di chiunque altro, è la sua città e mi farebbe volentieri da guida.
Gli do venti milioni e gli dico che per me va bene.
Ci diamo appuntamento per domani mattina alle dieci davanti alla stazione.
Non verrà mai...

...continua...

22 nov 2006

La finestra del Vampiro

Cara mia, questa è la mia finestra sulla realtà.
Mi muovo tra il bancone e i tavoli lentamente, ma se mi guardi bene ti accorgi che sto qui, fermo, senza spostarmi mai.
In questo angolo di strada il mondo mi passa davanti agli occhi ogni giorno, in tutte le sue svariate forme.
Avvicinarsi ad un tavolo è sempre un'intrusione. Consapevole o meno, rubo sguardi, parole, frasi lasciate a metà. Qualcuno si sente violato nella sua intimità, qualcuno non si accorge neanche della mia presenza e continua indisturbato la conversazione.
Non so dire quanta gente ho visto e conosciuto stando fermo qui...ma mi sono fatto l'idea di poter classificare l'umanità in tre categorie.
Nella prima categoria ci sono quelli che hanno fatto il cameriere almeno una volta nella vita.
Nella seconda ci sono quelli che non hanno mai fatto il cameriere e la cosa gli è abbastanza indifferente.
Nella terza ci sono quelli che non hanno mai fatto il cameriere e non lo farebbero mai.
No, non posso spiegarmi meglio...ho paura che mi succeda come con i miei sogni.

Lavoro in questa taverna da 20 anni, ma non sono stato sempre così.
Prima ero uno scrittore di racconti per bambini. Avevo anche un discreto successo.
Non ho mai avuto molta fantasia, così usavo i miei sogni per scrivere.
Poi un giorno sono stato colto da una forma rarissima di insonnia cronica. Ho smesso di dormire, di sognare e di scrivere racconti.
Ho paura che se comincio a usare le storie dei miei clienti spariscano anche loro.
E se spariscono loro devo chiudere la mia finestra...e io sto tanto bene qui.

21 nov 2006

Sulla porta del Luky Luk

Sabato 15 Dicembre ore 17.30
La compagnia teatrale
" Vuoti a rendere "
presenta lo spettacolo
" I sette vizi del capitale "
Aula 2-Facoltà di Teologia-Università Aristotele
Ingresso gratuito

19 nov 2006

Il racconto di Giuda

Sono cresciuto in un posto come questo.
Una piazza così, lunga e stretta.
C'era pure un cane come quello, lo vedi? Quello ciccione che non ce la fa neanche a camminare.
E' per questo che ho deciso di fermarmi un po' qui.
Lontano da casa...sono Irlandese, sai?
Ci stavo bene in Irlanda mi sembra.
Poi un giorno sono partito..perchè l'Irlanda mi faceva schifo.
Vedi? Adesso che mi ricordo...l'Irlanda mi faceva schifo.
E' più duro sopportare lo schifo della tua terra che quello di un'altra...il problema sta tutto lì.
Perché io ho girato tanto, sai? Tutto il mondo.
E lo schifo c'è in ogni posto.
Ma almeno non mi faceva male come quello di casa mia.
Qui si sta bene perchè la polizia non rompe tanto e poi c'è la mensa dell'università che è gratis.
Vedi? Io vivo con niente, non ho niente.
Mi sento fortunato..a me non mi ricatteranno mai! Nessuno!
Non mi ammazzerò mai di lavoro e a voi vi rode il culo!
E' per quello che mi guardate così.
Siete solo invidiosi.
E' come tra colleghi di lavoro quando c'è uno che sgobba e l'altro che gioca a carte.
La stessa rabbia.
"Perchè uno le cose se le deve guadagnare"..hahahaha..mi fate pena...fate schifo.

Io scrivo canzoni, è l'unica cosa che mi piace fare.
La vuoi sentire una canzone? L'ho scritta tre giorni fa.

17 nov 2006

La storia del crisantemo

Un'altra notte di pioggia a Salonicco.
Sono le due e quaranta ma mi sembra di essermi appena svegliata.
Bioritmo totalmente invertito.
Ho fame e decido di uscire. Kokoras é sempre aperto. L'uomo vampiro. Lo chiamiamo così, io e i miei amici, perchè non abbiamo mai visto nessun altro lavorare lì dentro.
Prendo una pita-giros e vado a sedermi su una panchina al centro di piazza Navarinou.
Ha smesso di piovere.
Una risata mi distrae. Difronte a me c'è un uomo che mi fissa..e ride.
E' vecchio, sporco, ha la barba grigia, una chitarra appoggiata ad una gamba, una bottiglia di ouzo in mano.
Sta ridendo di me. Non capisco. Non l'ho mai visto prima.
L'uomo si avvicina lentamente, sempre guardandomi fissa negli occhi. Mi dice che si chiama "Giuda" e continuando a ridere tira fuori dalla tasca della giacca lurida un crisantemo..bianco.
" E' per te".
Per me? Ma che vuole sto pazzo? Andiamo bene! Un crisantemo, bianco.. penso.
Accetto il fiore e me lo infilo in borsa. In fondo la faccia di quest'uomo mi piace.
Giuda inizia a raccontarmi strane storie sulla sua vita ma improvvisamente smette di parlare e se ne va. Non so che cosa l'abbia disturbato. Non ho detto neanche una parola. Mi dispiace che se ne sia andato così, la sua compagnia mi piaceva.

Mi alzo e mi incammino verso il "Luky Luk". Non ho voglia di stare da sola e sono sicura che lì troverò tutti gli altri. E infatti sono tutti lì.
Ordino una birra e cerco di scambiare qualche parola con André. Non è facile dato il volume della musica. Gli racconto la storia di Giuda.
La cameriera arriva con due birre, una per me ed una per André e dice che ce le offre quel signore lì all'angolo.
Lì all'angolo c'è un uomo completamente ubriaco, non si regge in piedi ma riesce a reggere tra le mani un cappello pieno di monete da 1 e 2 euro.
Io e André ci guardiamo per dieci secondi. Sappiamo che sta per succedere qualcosa di strano.
L'ubriaco ci guarda, aspetta un cenno, un saluto, qualsiasi cosa. Alziamo le birre e gli urliamo "Salute".
Arrivano altre due birre, poi ancora due...ancora due. E' sempre l'uomo all'angolo che le offre, dice la cameriera.
Va bene, è arrivato il momento. André si avvicina all'ubriaco e lo trascina al nostro tavolo.
"Scusa, perchè ci stai offrendo da bere? ". L'unica domanda possibile.
L'uomo sta zitto, non dice niente per un paio di minuti.
Poi inizia a parlare, lentamente, con calma...non deve essere facile trovare le parole in quelle condizioni, penso.
" Tutto l'amore che ho dentro...non posso darlo più a nessuno...allora voglio darlo a voi...che siete giovani..lo meritate...lo meritate..".
Silenzio.
" Non ho più niente da dare..non posso più dare niente a nessuno..mio figlio è morto ieri...7 anni...no..più niente a nessuno..".
Silenzio. Io e André ci guardiamo e ci capiamo. Tutta la comicità di quella scena tragica ci fa sorridere. E ci sentiamo in colpa ma non possiamo farci niente.
Il crisantemo! Certo!
Di solito le borse le mettiamo tutte insieme su un divanetto, ma io quella sera ho tenuto la mia appesa alla sedia di André perchè non volevo che il crisantemo di Giuda si rovinasse.
Prendo il fiore e lo do all'ubriaco. Lui lo prende, lo guarda e mi sorride.
Non può capire. Per lui che è greco, il crisantemo è un fiore come un altro.
La musica finisce. E' tardissimo. Ci troviamo tutti in strada e pioviccica. L'ubriaco è sparito.
Gianni esce correndo dal locale.
"E' entrato un ladro stanotte, dice,ha rubato tutto...tutto dal mucchio delle nostre borse..tutto..cellulari, soldi..tutto.. "