30 dic 2006

La storia del "Ma che t'importa"

La prof. Bellagamba è un mito per me e per alcune mie compagne. Finito il liceo volevamo iscriverci alla facoltà di geolologia (che in effetti non era l'indirizzo più naturale dopo la maturità classica) proprio per la passione che la prof ci aveva trasmesso per la materia. Io, Chiara e Veronica cominciammo a seguire le lezioni. Io e Chiara mollammo quasi subito, Veronica resistette fino alla prima sessione d'esame. Poi mollò anche lei.
Una sera di Dicembre, io Chiara e Veronica decidiamo di andare a trovare la Bellagamba. Ci presentiamo sotto casa sua alle sei. Tante belle chiacchiere. Tante risate.
In mezzo a noi anche il marito della prof. Cordiale e pungente come sempre.
Scatta l'invito a cena, così ci incappottiamo e andiamo al ristorante più vicino.
Il posto è semi-vuoto, normale per un giorno feriale in questa città.
Il cameriere sceglie per noi il tavolo vicino alla televisione..è ora del TG..magari ci fa piacere ascoltare le notizie. Bhè..non ci dispiace.
Intanto ordiniamo pizza e birra per tutti.
Le chiacchiere tra noi donne continuano ma il marito della prof. si è estraniato. Guarda la tv..fisso. Stanno trasmettendo un servizio pieno di bambibi africani con le pance gonfie..uno di quei servizi che ti fanno passare la fame (anche solo per un secondo, ma te la fanno passare), uno di quei servizi che bisognerebbe bruciare insieme al giornalista che si è prostituito per farlo.
Arrivano pizza e birra. Tutte noi cominciamo a mangiare ma il marito della prf. no. Lui si accorge dei nostri sguardi perplessi, intuisce le domande che vorremmo fare. Capisce che ci deve dire qualcosa. Una qualsiasi cosa.
" Quante volte nella vita vi siete sentite dire - Ma che t'importa!!-non c'è più neanche il punto interrogativo, direttamente l'esclamativo. In fondo non è più una domanda perchè si presume che non ci sia risposta. Bhè..a me importa di tante cose. Una di queste sono i bambini africani che muoiono di fame. E ora, scusatemi, non ce la faccio a mangiare. "
Dopo questa spiegazione i nostri sguardi non sono cambiati di molto ma le domande sono aumentate.
Una cosa è certa. Il servizio sui bambini africani a lui ha tolto l'appetito per più di un solo secondo.

24 dic 2006

Gli obiettori comunicano

STASERA 24 DICEMBRE 2006
ORE 20.00
PRESSO LA BIBLIOTECA COMUNALE
RICCA CENA SOCIALE
+
VEGLIA
(laica o religiosa a scelta-in ambienti separati)
+
CORSO DI SCACCHI/DAMA/TRESETTE/POKER
(per chi salta la Santa Messa)
+
DJ "IL CINESE"..MIX IN CASSETTA
Ingresso gratuito
(offre tutto Tonino che ha vinto 5.000 euro alla tombolata con i colleghi e dice che non sa proprio come spenderli)

23 dic 2006

L'intervista alla direttrice

V:Signora direttrice, come vive il fatto che la biblioteca da lei gestita sia diventata un punto di ritrovo per molti cittadini?
D: Bhé...ad essere sincera credo che qui si stia creando un vero e proprio movimento che esula dal mio controllo. Gli obiettori sono ragazzi giovani, quasi tutti studenti universitari. Si trovano qui la mattina alle otto e tra un cappuccino ed un cornetto danno vita a dibattiti molto vivaci, a volte anche troppo.
Poi ci sono gli utenti affezionati che vengono ogni giorno e che si uniscono alle discussioni.
C'é quel Tonino..incredibile! Sembra sempre assorto nella sua scacchiera, ma quando meno te lo aspetti irrompe con le sue teorie ultra comuniste. Io, devo dire la verità, ero un democristiana convinta. A volte mi da fastidio che si esageri. Ma, in fondo, questa vivacità intellettuale mi piace..e mi commuove.
V:Quali sono i temi più dibattuti?
D: Al prima posto, semza dubbio, si parla di politica locale, della vita della città. Poi, in genere, di politica nazionale e internazionale. Vi inviterei ad ascoltarli questi giovani...tirano fuori delle teorie e delle idee sorprendenti.
V: Ho saputo che un assessore comunale ha minacciato di cacciare gli obiettori dalla biblioteca proprio a causa di queste teorie sorprendenti. Lei che ne pensa?
D: Penso che sia un buon segno.
V: Lei è d'accordo?
V: Certo che no. Ma non si preoccupi. Vedrà che gli obiettori non li caccia nessuno.

13 dic 2006

La storia degli scacchi

Tonino è un ragazzo di quarant'anni che vive in una piccola cittadina nel centro-sud d'Italia. Considerato da tutti come uno "che non ci sta tanto con la testa", Tonino vive la sua vita tranquillamente. Ha avuto la fortuna che un parente, mosso a compassione, lo abbia messo a fare uno di quei lavoretti socialmente utili che ti occupano solo mezza giornata e non lasciano pensieri. All'una finisce di lavorare e all'una e cinque fa il suo ingresso, scontanto quanto atteso, nella bblioteca comunale. Tira fuori la sua scacchiera, si siede ad un tavolo, prende il libro e comincia studiare le partite dei grandi giocatori e poi le ripete, tutte, mossa per mossa.
Il popolo che abita la biblioteca (direttrice, donne delle pulizie, obiettori...) è come una grande famiglia in cui Tonino é il benvenuto.
Alle due la biblioteca chiude. Tonino sistema i pezzi e il libro e se ne torna a casa sulla sua bicicletta rossa.
Questa é la sua vita. Ogni giorno. Tutto l'anno. Tutti gli anni.
E lui non chiede di meglio.

Tonino. Un giorno ti sveglierai e la tua città sarà piena di gente in bicicletta, che gioca a scacchi e che guadagna poco. Allora tu sarai il meno matto e il più felice di tutti.

6 dic 2006

La mia disgrazia

La mia disgrazia, quella della sera dell'incidente scampato, non è effettivamente molto rilevante.
La vera disgrazia, quella di cui vorrei parlare, é quella di essere nata in una società capitalista. E non perchè io abbia qualcosa da ridere contro il sistema, si faccia attenzione a questo punto, ma perchè sono finita in quella valle di mediocrità che é la classe media. Ma io dico! E per di più in un paese che si chiama Italia!! Che disgrazia signori miei!!
E come se non bastasse sono figlia di papà...ma di papà che in quanto a santità fa sfigurare anche me. Non mi ha comprato l'appartamentino in centro e neanche mi troverà lavoro grazie alle sue conoscenze.
Vi rendete conto? Cresciuta con l'idea che la laurea mi aprisse tutte le porte e con la convinzione di essere brava, buona e intelligente (per cui sarà proprio fortunato colui che mi darà lavoro), mi ritrovo in questa classe media senza neanche la forza di sgomitare..ma soprattutto senza essere la vera figlia di papà che dovrei essere!!
Cercate di capirmi! La mia è davvero una situazione imbarazzante!
A schierarmi con chi sta peggio sarei un'ipocrita, con chi sta meglio sarei un'arrampicatrice sociale-senza scrupoli.
E' proprio questa tanto decantata classe media che mi ha rovinato. E' per questo che odio il capitalismo!
Non lo odio per quelle ragioni evidenti sulle quali siamo tutti d'accordo e presa coscienza delle quali non si può che rifiutare tale sistema.
Che disgrazia la mia!
Signori, vi prego di suggerirmi una soluzione!

4 dic 2006

Il particolare di Vanni

Grazie Vanni per aver dato il LA.
Speriamo che altri ti seguano.

Il particolare di Vanni

Vivevamo nell’operosa via Mavili,
regno di botteghe, lavanderie, panettieri e fruttivendoli che servivano clienti in mercedes.
E motorini, cassonetti, tortore e gattacci.
Studiavamo seduti in una stanza alla luce alogena di lampade IKEA, seduti su sedie fatiscenti,
coi gomiti appoggiati su tavolini o meglio su budini tremolanti.
Alla parete quadri floreali che mi ricordano la mia bisnonna e cassette del latte tuttofare un po qui e un po la.
Luci da ospedale e giacigli cigolanti da oliare, batuffoli di polvere degni del far west, candido bianco sporco sopra al tetto e tenue grigio topo tutto intorno.
Nessun riflesso, se non quello dello specchietto che Ninay ha appeso alla parete, in cui, se ne hai voglia, puoi controllare quanto è dilatata la pupilla del tuo occhio.
Questo era quello che chiamavamo “casa”.
Un parallelepipedo circondato da voci che non ti va di sapere da quale orifizio vengano e pianti rumori di cinghiate e bambini e ragazze carine, il tutto condito da odore di olio fritto.
Premi il pulsante 2 nell’ascensore, il portone lo trovi quasi sempre aperto.
Eppure tutto questo ha tutt’ora un fascino:quello del cambiamento,dell’ ignoto, del lasciare tutto ciò che hai di più caro per andare lontano e fare pace con te stesso.
Farlo senza dimenticarsi di chiamarla ogni tanto e di buttare giù due righe sul tuo diario di bordo.
Farlo cambiando pelle, senza dimenticarsi chi siamo, da dove veniamo, a quale razza di camaleonte apparteniamo.
Dalle 2 alle 5 del pomeriggio si deve far silenzio: è il momento di lasciare andare le considerazioni, le paure, le malinconie.
Ti fa bene.
Respira a fondo.
Non lo senti questo grande indescrivibile senso di libertà?
Carpe Diem.